Israele autorizza il primo latte coltivato: in Italia è polemica
Polemica in Italia per la decisione di Israele di autorizzare la produzione di latte coltivato: diverse associazioni hanno manifestato perplessità
Esplode la polemica per l’autorizzazione da parte di Israele alla produzione del latte coltivato: diverse associazioni come Assolatte, Coldiretti e Filiera Italia, hanno manifestato il proprio dissenso nei confronti di questa decisione potrebbe mettere a repentaglio un intero settore.
Latte coltivato, la decisione di Israele
Israele ha autorizzato Remilk, una startup locale di food-tech, a iniziare la produzione del latte coltivato: Remilk produce proteine del latte mediante un processo di fermentazione a base di lievito che le rende chimicamente identiche a quelle presenti nel latte e nei latticini di mucca.
La startup sostiene che il latte, prodotto in questa maniera, è privo di lattosio, colesterolo, ormoni della crescita e antibiotici. Per il premier israeliano Benyamin Netanyahu il permesso rappresenta un balzo in avanti e una pietra miliare in un’area in cui Israele è già leader tecnologico.
Come già successo per la carne sintetica, anche il latte coltivato ha scatenato diverse reazioni contrarie in Italia, con le associazioni che sono preoccupate sia per la natura del prodotto, considerata ben lontana da quella naturale, sia per il futuro di tutto il settore.
Polemica per il latte coltivato: le reazioni
Il presidente di Assolatte Paolo Zanetti ha commentato così l’ok del Ministero della Salute israeliano sull’arrivo del latte prodotto senza mucche: “Siamo al paradosso – si legge su Ansa – da un lato ci viene chiesto di investire per rendere le nostre produzioni lattiero casearie ancor più attente all’ambiente, dall’altro investitori senza scrupoli, col pretesto della tutela dell’ambiente cercano di promuovere un prodotto che tutto è fuorché naturale, ed è quindi nemico dell’ambiente.
Vogliono appropriarsi dei valori del latte, della sua naturalità e della sua purezza. Dobbiamo arrestare questa corsa senza senso, fermare i cibi Frankenstein e salvaguardare il latte che, lo diciamo da sempre, è un vero patrimonio mondiale dell’umanità”.
Anche Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti, ha parlato della questione relativa al latte coltivato: “La verità è che non si tratta di cibo ma di un prodotto ingegnerizzato, con processi di lavorazione molto più simili a quelli dei farmaci e proprio in questo ambito devono essere valutati – ha dichiarato Prandini – nei prodotti a base cellulare si utilizzano ormoni che invece sono vietati negli allevamenti europei dal 1996.
Abbiamo acceso i riflettori su un business in mano a pochi ma molto influenti nel mondo che può cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda mettendo a rischio la stessa democrazia economica e alimentare”.
Il sito ufficiale di Coldiretti, la confederazione che ha lanciato l’allarme per l’insalata in busta in Italia, riporta anche le parole di Luigi Scordamaglia, amministratore delegato Filiera Italia sul problema del latte coltivato:
“Pensare di sostituire con un procedimento di laboratorio il legame tra il cibo che mangiamo e la terra è un atto gravissimo – ha spiegato Scordamaglia – non è questo il cibo del futuro che vogliamo. A quelle quattro o cinque multinazionali che vogliono proporre l’omologazione diciamo che l’Italia, con i suoi agricoltori, con l’eccellenza del know how dell’industria di trasformazione, con la qualità dei suoi prodotti e con il suo modello di sostenibilità guardato come esempio in tutto il modo, continuerà a battersi perché sulle sue tavole possa arrivar un cibo sano e naturale”.
Scordamaglia ha precisato che “come Filiera Italia e Coldiretti, continueremo a lavorare con il Governo per non abbassare la guardia, salvaguardare il nostro tessuto produttivo e difendere i nostri standard di qualità da chi invece pensa che sia possibile mettere a rischio la salute di milioni di consumatori a benefico solo del proprio profitto”.