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Eccellenze

Il gorgonzola è tra i prodotti italiani più taroccati

L'allarme lanciato da Coldiretti in occasione della Settimana contro la Contraffazione: il gorgonzola è tra i formaggi più "taroccati" all'estero

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Non solo griffe d’alta moda: tra i prodotti italiani maggiormente contraffatti ci sono anche le eccellenze enogastronomiche, con i formaggi in prima posizione. È l’allarme lanciato da Coldiretti in occasione della settimana dell’Anticontraffazione del ministero dello Sviluppo economico.

Secondo l’associazione, il giro d’affari del falso made in Italy agroalimentare nel mondo vale 120 miliardi, ed è alimentato anche sulla dalla guerra tra Russia e Ucraina, che frena gli scambi commerciali, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti contraffatti. L’agenzia Askanews riporta che in testa alla classifica dei prodotti più contraffatti, secondo Coldiretti, ci sono i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tuti i continenti. Uno degli altri formaggi più contraffatti è poi il gorgonzola.

Secondo Coldiretti “oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con l’Italia” e sono gli Stati Uniti a registrare la percentuale più alta di formaggi made in Italy contraffatto: qui il 90% dei formaggi di tipo italiano, tra cui il Gorgonzola, sono in realtà realizzati nelle praterie del Wisconsin e della California. La stima è che solo in Usa il valore del cosiddetto “Italian Sounding”, l’imitazione delle eccellenze enogastronomiche italiane, abbia raggiunto i 40 miliardi di euro. 

Gorgonzola, diminuisce la produzione ma aumenta l’export 

L’analisi dei dati parziali di produzione ed export nel 2022 rivela, intanto, una diminuzione nella produzione e allo stesso tempo una buona tenuta delle esportazioni. Stando ai dati diffusi dal Consorzio, al 31 luglio la produzione di Gorgonzola Dop è stata di 2.806.700 forme, con una diminuzione del 3,36% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e dell’1,61% rispetto al 2020. Un calo che per il Consorzio va letto “alla luce della congiuntura internazionale che ha visto l’impennata dei costi di produzione unitamente alla minore resa del latte nel periodo estivo”.

“Le esportazioni di Gorgonzola Dop fanno registrate al 31 maggio di quest’anno un aumento complessivo medio del 9% – aggiungono dal Consorzio Gorgonzola Dopo – Più nel dettaglio l’export aumenta del 10,5% intra-UE, con Francia e Germania principali mercati di riferimento,  e dell’1,1% extra UE”.

La storia del Gorgonzola

Il Gorgonzola è un formaggio molto antico, che secondo alcuni sarebbe originario di Pasturo nella Valsassina, grande centro caseario da secoli grazie alla presenza di ottime grotte naturali la cui temperatura media è costante tra i 6°C ed i 12°C . La cittadina di Gorgonzola, in Lombardia, rimane comunque il centro di maggior fama, se non di maggior produzione o commercio per vari secoli: stando a quanto ricostruito dal Consorzio, il primo vero nome del Gorgonzola fu quello di “stracchino di Gorgonzola”, meglio definito poi dal suo sinonimo di “stracchino verde”. Un’eccellenza del made in Italy che nel corso del tempo ha meritato la denominazione d’origine protetta per tutelare il marchio nel mondo.

La marchiatura del formaggio fresco con l’apposizione del contrassegno visivo “g” sull’alluminio che avvolge il Gorgonzola all’atto della sua commercializzazione ha preso il via il primo marzo del 1975, momento sancito dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il15/5/75. Nel frattempo gli aderenti al Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola, fondato nel 1970, superavano i 100. Con il Regolamento Ce n° 1107/96 il formaggio gorgonzola è stato riconosciuto e registrato dall’Unione Europea nella lista dei prodotti “dop” il 12 giugno 1996.

La produzione degli ultimi anni si è spostata in tre provincie: Novara raccoglie oltre il 65 %, Pavia il 15 % e Milano l’ 8%. Il resto si divide tra le altre provincie dell’area tipica di produzione e di stagionatura indicata dalle leggi di tutela di denominazione.

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