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Campi Flegrei, la nuova soluzione "pericolosa": i rischi

Il professor Bodnar del Virginia Polytechnic Institute propone la perforazione del sottosuolo per controllare l'attività sismica dei Campi Flegrei

Pubblicato:

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Bucare il sottosuolo per controllare l’attività sismica dei Campi Flegrei: l’idea emerge dalla ricerca “La terra che respira” firmata dal professor Robert J. Bodnar del dipartimento di Geoscienze del Virginia Polytechnic Institute insieme ai colleghi A. Lima, R.J.Bodnar, B. De Vivo, F.J. Spera e H.E. Belkin.

Le perforazioni del sottosuolo sono ritenute pericolose dalla Protezione Civile e sono da anni oggetto di contestazione da parte degli ambientalisti, ma secondo il vulcanologo potrebbero essere fondamentali nella zona dei Campi Flegrei.

Bucare il sottosuolo ai Campi Flegrei: la tecnica

Della tecnica legata alle perforazioni del sottosuolo ha parlato al ‘Corriere della Sera’ Robert J. Bodnar che di recente è stato in visita a Pozzuoli:

“Secondo i nostri dati sappiamo che l’attività sismica non dipende dalla risalita del magma, ma dai fluidi. L’idea è quella di farli uscire con dei pozzi. La tecnica di perforazione che proponiamo non è nuova, è usata in tutto il mondo, come in nuova Zelanda o in Islanda. Si perforano pozzi profondi, dove sono presenti liquidi molto caldi e si tirano fuori. Lì non lo fanno per prevenire il bradisismo, ma per produrre energia”.

Sui benefici di questa nuova tecnica, il professore ha dichiarato: “Di solito, dopo che il progetto viene avviato e il finanziamento è disponibile, i posso possono essere operativi entro un anno. Una volta che il sistema è costruito, durerà per sempre”.

Nella lunga intervista concessa al ‘Corriere della Sera’, il vulcanologo del Virginia Polytechnic che ha visitato Pozzuoli ha risposto così alla domanda relativa a quanti pozzi servirebbero: “Nella mia università ho un collega che è un esperto su questo tema. Lui esegue perforazioni e calcola quanto liquido si può tirar fuori. Se perfori un pozzo, i fluidi che ci sono sotto, prima che possano risalire, devono essere in grado di muoversi verso quest’ultimo. Se ce n’è solo uno, i fluidi si muovono molto lentamente e non funzionerà. Bisogna mettere più pozzi, stiamo cercando di determinare quanti”.

Gli eventuali rischi di perforazione ai Campi Flegrei

L’approccio innovativo per la zona dei Campi Flegrei potrebbe avere delle ripercussioni negative, a cominciare dall’eventuale estrazione di fluidi nocivi. In merito a questa eventualità, il professor Bodnar ha specificato: “C’è la possibilità che ci siano materiali pericolosi nei fluidi, ma anche che ci siano materiali benefici come il Litio che può essere estratto per fare le batterie. Possono emergere, quindi, anche benefici economici”.

Alla domanda su quali potrebbero essere i rischi connessi a questa tecnologia, l’esperto ha risposto così: “Cedimenti del terreno e sismicità, che è ciò che sta accadendo adesso qui. Con questa tecnologia ridurremmo la quantità di deformazione del terreno e quindi anche la sismicità”.

Bodnar ha raccontato che in Nuova Zelanda “quando estraggono i liquidi, il terreno si sgonfia, si sedimenta. Ed è quello che vogliamo. Quindi non ci sono rischi, associati al compiere queste attività, che non esistono già qui. L’obiettivo è minimizzare i rischi che sono già in gioco qui a Pozzuoli”.

Chiusura dedicata alle possibilità che le perforazioni causino altre scosse di terremoto: “C’è la possibilità che ci sia un po’ di attività sismica, ma una volta completato il foro di trivellazione, non ci sarà più alcuna attività sismica in futuro, né dal foro di trivellazione né a causa della deformazione del terreno dei Campi Flegrei”.

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