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Arte & Cultura

Scoprirono antico tesoro da 9 milioni a Como: niente ricompensa

Nel 2018 a Como è stato scoperto un antico tesoro romano da 9 milioni di euro ma il ministero non ha ancora pagato la ricompensa ai suoi scopritori

Pubblicato:

Valentina Alfarano

Editor & Coach Letterario

Lavorare con le storie è la mia missione! Specializzata in storytelling di viaggi, lavoro come editor di narrativa e coach di scrittura creativa.

Una delle scoperte archeologiche più rilevanti degli ultimi anni ha dato origine a una lunga battaglia legale. Nel 2018, durante i lavori di ristrutturazione dell’ex Teatro Cressoni a Como, alcuni operai hanno trovato un antico tesoro romano: oltre mille monete d’oro, tre anelli, una pepita e un piccolo lingotto. Un ritrovamento di enorme valore storico, ma per gli scopritori il vero problema è  ottenere la ricompensa prevista dalla legge.

La scoperta del tesoro a Como

Il 5 settembre 2018, durante gli scavi nell’area dell’ex Teatro Cressoni, situato nel cuore di Como, alcuni operai hanno scoperto una coppa di pietra contenente un vasto numero di monete d’oro. Grazie alla purezza dell’oro utilizzato, le monete risultavano perfettamente conservate, tanto da sembrare appena coniate, nonostante risalissero a oltre 1.500 anni fa.

Le monete recavano le effigi di imperatori come Onorio, Valentiniano III, Leone I, Antemio e Libio Severo, indicando che il tesoro fosse probabilmente stato nascosto in un periodo di grande instabilità per l’Impero Romano d’Occidente, ormai prossimo al suo declino definitivo.

Oltre alle monete, sono stati rinvenuti tre anelli, una pepita e un piccolo lingotto d’oro, elementi che suggerivano l’appartenenza del tesoro a un individuo di alto rango dell’epoca.

Come riportato su ‘Il Giorno’, Alberto Bonisoli, l’allora ministro dei Beni Culturali, aveva dichiarato: “Per me questo è un caso più che eccezionale, è epocale, uno di quelli che segna il percorso della storia, è un messaggio che ci arriva dai nostri antenati”.

Perché il ministero non vuole pagare la ricompensa

Nonostante l’entusiasmo iniziale per la scoperta, la situazione si è rapidamente complicata sul piano legale: secondo il Codice dei Beni Culturali italiano, i reperti archeologici rinvenuti nel sottosuolo appartengono allo Stato, ma è prevista una ricompensa per il proprietario del terreno o per lo scopritore fortuito.

Nel marzo 2021, il Ministero dei Beni Culturali ha stabilito una ricompensa di 369.041,36 euro per la società Officine Immobiliari, proprietaria dell’area e responsabile dei lavori durante i quali è stato rinvenuto il tesoro. Questa somma rappresentava il 9,25% del valore stimato del tesoro, valutato in 3,89 milioni di euro.

Officine Immobiliari ha contestato l’importo, sostenendo che la legge prevede una ricompensa pari a un quarto del valore del bene ritrovato. La società ha quindi presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che nel maggio 2022 ha respinto la richiesta, affermando che non era stato emesso un provvedimento formale di concessione e che non era chiaro chi dovesse essere riconosciuto come scopritore del tesoro.

Nel febbraio 2024, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del TAR, riconoscendo che le operazioni di scavo erano state condotte direttamente da Officine Immobiliari e che, pertanto, la società doveva essere considerata l’effettiva scopritrice del tesoro. Nonostante questa sentenza favorevole, a un anno di distanza, il Ministero dei Beni Culturali non ha ancora erogato la ricompensa dovuta.

Gli avvocati di Officine Immobiliari hanno espresso il loro disappunto, sottolineando l’incoerenza tra il valore riconosciuto alle monete sul mercato internazionale e la valutazione fatta dal Ministero.

“È stato incredibilmente sostenuto che siccome il Ministero, pur potendolo fare, per prassi non vende mai i beni archeologici, essi avrebbero valore commerciale zero. Nel contempo viene riconosciuto che sul mercato internazionale le monete valgono milioni e milioni di euro“, hanno dichiarato.

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