Terremoti nei Campi Flegrei: scoperta la causa dei movimenti
Una ricerca avrebbe approfondito quali potrebbero le cause dei movimenti sismici che interessano da tempo l’area dei Campi Flegrei in Campania
Una indagine condotta da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dell’University College of London (Ucl) avrebbe portato alla luce nuove spiegazioni sulle numerose scosse di terremoto nella zona dei Campi Flegrei.
Da cosa dipendono i movimenti nella zona dei Campi Flegrei
Si intitola “’Evolution in unrest processes at Campi Flegrei caldera as inferred from local seismicity” una nuova approfondita ricerca sui Campi Flegrei pubblicata sulla famosa rivista scientifica “Earth and Planetary Science Letters”. Lo studio è stato condotto da esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dell’University College of London (Ucl) che hanno a lungo studiato l’attività sismica e i movimenti in quest’area.
Da tempo, infatti, la zona dei Campi Flegrei in Campania è al centro dell’attenzione. In questa zona la terra continua a tremare, tanto che nei mesi scorsi ci sono state anche giornate che hanno visto in media 40 scosse al giorno, ovvero più di un terremoto ogni ora.
Nel mese di settembre, ad esempio, ci sono state quasi 1.200 scosse tanto che sul sito ufficiale del Dipartimento della Protezione Civile era stato pubblicato un vademecum su come comportarsi in caso di eruzione. Stando a quanto emerso dai recenti studi compiuti dagli esperti italiani e inglesi le attività sismiche avvenute negli ultimi 40 anni sono influenzate dalla presenza di due strati poco permeabili nella loro crosta. L’indagine svolta si è concentrata nella distribuzione degli eventi sismici e nell’energia che questi rilasciavano. I risultati emersi riportano che l‘energia sismica si concentra essenzialmente in prossimità di due livelli.
Questi livelli sarebbero superfici di separazione tra rocce con proprietà fisiche e chimiche diverse che si trovano rispettivamente a circa 3 e 1-1,5 chilometri di profondità. Sono stati, anche, rilevati dei cambiamenti strutturali dal 1982 ai giorni nostri. I primi sono avvenuti nel periodo 1982-1984 e hanno visto un innalzamento del terreno (misurato a Pozzuoli, vicino al centro della caldera) di 178 cm, nel periodo 1985-2005 c’è stato un altro innalzamento di 93 cm; infine, un aumento di 118 cm è avvenuto tra il 2005 e il 2023.
Le spiegazioni degli esperti coinvolti nello studio
La zona dei Campi Flegrei ospita la più grande caldera attiva in Europa, grazie ai suoi 12 km di diametro. L’area che si trova alla periferia di Napoli si estende verso ovest fino al Mar Tirreno ed è parzialmente sommersa sotto la Baia di Pozzuoli. Questa è stata sin dall’antichità un’area nota per essere molto sismica. Gli ultimi studi condotti da Ingv e Università di Londra (Ucl) hanno a lungo esaminato il terreno e in particolare i due livelli poco permeabili nella crosta dei Campi Flegrei che separano le rocce con proprietà chimiche differenti.
Stando a quanto riportato nello studio questi strati svolgono un ruolo essenziale nel controllare i movimenti sismici verticali. Stefano Carlino, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e coautore dello studio pubblicato sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters” ha spiegato meglio i risultati ottenuti.
Le sue parole sono state riportate da AdnKronos: “Questi livelli svolgono un ruolo chiave nel controllo dei movimenti verticali e della sismicità nei Campi Flegrei e sono presenti in diversi sistemi vulcanici caratterizzati da alte temperature e da circolazione dei fluidi. Quello più superficiale previene almeno in parte la dispersione dei fluidi idrotermali verso la superficie, fluidi che hanno un ruolo significativo nell’innesco della sismicità”.
A queste spiegazioni sono state aggiunte quelle di Stefania Danesi, ricercatrice della Sezione di Bologna dell’Ingv e primo autore dello studio che ha spiegato come la sismicità ora si concentri di più nel settore orientale di Pozzuoli, al di sotto dell’area Solfatara-Bagnoli.
Sempre AdnKronos ha riportato le sue spiegazioni in merito: “Questo suggerisce che, negli ultimi anni, la risalita di fluidi di origine magmatica, con conseguente indebolimento delle rocce, sia avvenuta quasi esclusivamente in questo settore della caldera, dove il nostro studio ha evidenziato un innalzamento della profondità della transizione delle caratteristiche delle rocce da fragili a duttili”.