Abitato sin dal 1050, fu dichiarato totalmente inagibile in seguito a due fortissime alluvioni che colpirono il paese, la prima nell'ottobre del 1971 e la seconda a due anni di distanza, nel gennaio del 1973. Gli abitanti furono pertanto costretti ad abbandonare le loro case e vennero trasferiti nei paesi limitrofi. Diciotto anni dopo, nel 1988, è nata Roghudi Nuova, costruita in prossimità della costa ionica, nella periferia occidentale di Melito di Porto Salvo, a circa 40 chilometri di distanza dall'antico centro fantasma.
Roghudi, il borgo fantasma a picco su una roccia in Aspromonte
Fonte: 123rf
Oggi, il borgo appare spettrale e misterioso, con case abbarbicate sulla roccia a picco, in condizioni di precarietà estrema, sebbene conservino ancora un fascino unico, in bilico tra sogno e realtà, che ha ispirato anche l'album “A casa tutto bene” del cantautore Brunori Sas.
Roghudi, il borgo fantasma a picco su una roccia in Aspromonte
Tra gli edifici in rovina spicca la chiesetta restaurata di San Nicola, recentemente ristrutturata nonostante il paese sia disabitato, costruita nella piccola piazza del paesino sospeso nel verde, al cui interno sono ancora visibili una croce costruita con dei piccoli rametti di legno e diverse immagini votive.
Roghudi, il borgo fantasma a picco su una roccia in Aspromonte
Tante le leggende che aleggiano nel suggestivo borgo fantasma di Roghudi, meta di fotografi e turisti che vogliono riscoprire paesaggi unici lontani dai circuiti del turismo di massa. A cominciare dalle curiose formazioni rocciose situate nella frazione abbandonata di Ghorio di Roghudi, a pochi chilometri dal paese: la Rocca tu Dracu (Rocca del Drago), la cui conformazione ricorda la testa di un drago, e le Caldaie del Latte, un affioramento roccioso con gibbosità sulla superficie, che richiama la leggenda delle piccole caldaie contenenti latte (caddhareddhi), che avrebbero alimentato un drago custode di un tesoro inestimabile.
Roghudi, il borgo fantasma a picco su una roccia in Aspromonte
Stando a quanto ha dichiarato lo studioso Tommaso Besozzi, intorno a metà del Novecento nel borgo sospeso sull'Aspromonte venivano conficcati dei grossi chiodi nei muri delle abitazioni, dove venivano fissate delle corde che le mamme legavano alle caviglie dei bambini per non farli precipitare nel burrone. Un'altra leggenda racconta che nella contrada di Ghalipò, di fronte a Roghudi, esistevano le Naràde o Anaràde, donne con piedi a forma di zoccoli di asino, che di giorno rimanevano nascoste tra le rupi e di notte attiravano con l'inganno le donne del paese verso il fiume, per ucciderle e sedurre i loro uomini. Per proteggersi dalle loro irruzioni vennero costruiti tre cancelli, collocati in tre differenti entrate del paese: uno a “Plachi”, uno a “Pizzipiruni” e uno ad “Agriddhea”.
Una città fantasma arroccata sulle pendici meridionali dell’Aspromonte, a quasi 600 metri di altezza. Roghudi Vecchio si presenta come un grappolo di case che sembrano tenersi strette le une alle altre su uno sperone roccioso sospeso al centro del letto della fiumara dell’Amendolea, in uno dei luoghi più suggestivi d’Italia su cui aleggiano curiose leggende.
Il borgo fa parte dell’area grecanica, culla secolare della minoranza linguistica ellenofona della Calabria, che coincide con il versante ionico meridionale dell’Aspromonte, storico crocevia sul bacino del Mediterraneo. Il nome della cittadina deriverebbe, infatti, dal greco “rogòdes”, che vuol dire “pieno di crepacci” o “rhekhodes”, ossia “aspro”, per la natura particolarmente impervia del luogo in cui sorge.