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Una parte del cervello di una delle vittime di Ercolano, nell’eruzione del Vesuvio risalente ai 79 dopo Cristo, è stata protagonista di un fenomeno di vetrificazione per via dell’arrivo di una rovente nube di ceneri seguita da un rapido raffreddamento.
Eruzione del Vesuvio: risolto l’enigma del cervello vetrificato a Ercolano
L’enigma della vetrificazione del cervello, unico caso al mondo, è stato risolto grazie allo studio del gruppo di ricerca italo-tedesco guidato dal vulcanologo dell’Università di Roma Tre Guido Giordano, pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’.
Alla ricerca hanno partecipato anche l’Università Federico II di Napoli (che sul suo sito ha descritto l’avvenimento come “un caso unico nel suo genere“), l’Istituto di Scienza, tecnologia e sostenibilità per lo sviluppo dei Materiali Ceramici del Consiglio Nazionale delle Ricerche e il Politecnico Clausthal della Germania.
Qualche anno fa, nel sito del Collegium Augustalium di Ercolano, venne scoperto del materiale organico vetrificato nel cranio di uno dei corpi delle vittime dell’eruzione. La scoperta rappresentò subito una grande opportunità di studio, in quanto era l’unico caso al mondo di cervello umano vetrificato e il meccanismo all’origine di tale fenomeno è stato un enigma fino a oggi.
Le parole degli esperti sul cervello vetrificato a Ercolano
Guido Giordano, geologo dell’Università di Roma Tre, ha spiegato come si arriva alla vetrificazione: “Un tessuto biologico particolare come il cervello, ricco di acqua, ha bisogno di condizioni davvero particolari per trasformarsi in vetro – le parole di Giordano riportate da ‘Repubblica’ – Prima un riscaldamento molto rapido che superi i 510 gradi. Poi un altrettanto repentino raffreddamento, che non deve superare l’arco dei pochi minuti e deve mantenere il corpo esposto all’aria. Se fossero stati sepolti dalla cenere, infatti, i resti del ragazzo sarebbero rimasti caldi anche per giorni”.
Tra i fenomeni noti ai vulcanologi, solamente uno rispetta tutte le condizioni necessarie affinché avvenga la vetrificazione di un cervello: la nube di cenere fine che si sviluppa ai margini di una corrente piroclastica. La corrente è un’ondata di materiale eruttivo che investe e seppellisce tutto: proprio così era stata distrutta Pompei nella mattinata del 25 agosto, mentre a Ercolano era successo tra la notte del 24 e la giornata del 25.
Giordano ha ricordato che “Prima ancora però il centro della città portuale era stato investito dalla rapida ondata torrida. Per noi è stata una sorpresa: conosciamo bene il sottile strato di cenere che nella prima fase dell’eruzione si è depositato in basso, direttamente sul basolato delle strade. Solo le analisi sul cervello vetrificato ci hanno permesso però di capire quali condizioni estreme si devono essere verificate in quei momenti”.
Del processo di vetrificazione ha parlato anche Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’Università Federico II di Napoli, una delle migliori università d’Italia secondo la classifica Arwu 2024, che studia da anni le vittime dell’eruzione e nel 2020 era stato colpito dai frammenti lucidi, color ossidiana, visibili tra le ossa frantumate del cranio.
“Resti biologici molto antichi possono conservarsi in diversi modi – ha dichiarato Petrone – conosciamo bene le mummie. Possono poi verificarsi fenomeni di saponificazione o alcalinizzazione, che però prevedono delle sostituzioni di alcune componenti chimiche. Nel caso del custode di Ercolano invece la composizione chimica del cervello è rimasta intatta, con alcuni neuroni ben distinguibili”.