Perché Michelangelo non finiva le sue opere d'arte
Studi compiuti su Michelangelo, grane artista del Rinascimento italiano, hanno svelato perché l'autore ha lasciato incompiute alcune delle sue opere
Pittore, scultore e architetto, Michelangelo è conosciuto per aver realizzato dei veri e propri capolavori artistici come gli affreschi della Cappella Sistina e la Cupola di San Pietro. Il suo lavoro ha molto influenzato sia gli artisti contemporanei sia quelli delle generazioni successive. In particolare, Michelangelo viene ricordato per “il non finito”, ovvero la scelta di non terminare completamente le sue opere.
“Il non finito” di Michelangelo
Michelangelo Buonarroti è uno dei più importanti artisti italiani del Cinquecento. Secondo lui il senso della scultura era quello di partire da un blocco di pietra e lavorare per sottrazione, ovvero togliere il materiale in più per svelare quello che in realtà era già presente nella materia. Le figure, quindi, sarebbero imprigionate nel blocco e l’artista ha il compito di “liberarle”. È per questo si possono ammirare diverse opere di Michelangelo che sembrano quasi “lottare” per emergere.
La tecnica era già stata introdotta da Donatello ma sarà poi Michelangelo a perfezionarla e utilizzarla. Molte delle opere che il grande artista ha realizzato con questa tecnica, però, sono giunte sino a noi incompiute e sono stati molti gli esperti a formulare teorie sul perché. In tempi antichi hanno studiato il “non finito” di Michelangelo Leon Battista Alberti, Benedetto Varchi, Giorgio Vasari, mentre in tempi più recenti è stato Ettore Ghinassi a ricostruire la sua personalità per cercare di spiegare il suo modus operandi.
Secondo alcuni le opere incompiute erano legate al carattere irrequieto di Michelangelo: il costante turbamento e l’insoddisfazione spingevano l’autore ad abbandonare le sue creazioni senza terminarle del tutto. Secondo altri, invece, ci sono motivi tecnici alla base della scelta. Questi sarebbero legati alla tecnica dell’artista che si basava sul “sottrarre” materiale al blocco di pietra. Il lavoro per sottrazione si fondava quasi sempre sull’ispirazione del momento ed era quindi spesso soggetto a modifiche in corso d’opera, in base all’ispirazione dell’autore. Michelangelo voleva abbattere quelle che erano le teorie più classiche e quelle legate all’estetica accademica per abbracciare maggiore libertà artistica.
Ghinassi che ha da poco pubblicato il libro “Michelangelo e il non-finito” sostiene che l’artista non utilizzasse disegni o bozzetti preparatori, aveva solo degli abbozzi vaghi, dato che l’opera emergeva da sola dal blocco di marmo. Michelangelo, infatti, riteneva che l’opera fosse già presente e lui lavorando la pietra faceva affiorare quello che si celava al suo interno. In questi casi l’incompiutezza non appare come un limite ma come una scelta, una forma di libertà espressiva.
Tra le opere “non finite” più famose ci sono lo Schiavo, San Matteo e i Prigioni (realizzati per la tomba di Giulio II) che sono conservati presso la Galleria dell’Accademia di Firenze, ma anche la Pietà Rondanini conservata al Museo del Castello Sforzesco di Milano.
La vita e le opere di Michelangelo
Michelangelo Buonarroti (1475-1564) conosciuto come Michelangelo è stato uno dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano. Nato a Caprese, in provincia di Arezzo nel 1475, Michelangelo studia sin da giovane sia l’arte classica sia le opere realizzate da autori come Giotto e Donatello.
Artista dal grande talento ma dalla personalità irrequieta, Michelangelo ha cominciato a lavorare sin da giovane e la sua attività si è principalmente svolta tra Roma e Firenze, due città che conservano ancora molti dei suoi capolavori. A Firenze lavora per la famiglia Medici e nella città toscana Michelangelo realizza opere di grande pregio come il Tondo Doni e il David. Ad inizio Cinquecento l’artista si sposta a Roma e qui realizza altri capolavori sia pittorici che scultorei come la Pietà e gli affreschi della volta della Cappella Sistina.