Delitti d'Italia: la strage di Via Caravaggio
Napoli è stato teatro di uno dei più noti casi di cronaca nera italiana, oggi ancora irrisolto dopo quarant'anni dall'assoluzione dell'unico imputato. Un' intera famiglia e il cagnolino Dick, furono massacrati senza apparente motivo
Dove: stabile napoletano al quarto piano in Via Caravaggio 78
Quando: nella notte tra il 30 e il 31 ottobre del 1975
Reato: pluri-omicidio famiglia Santangelo
Vittime: 3
Cronologia: • delitto 31/10/1975 • condanna ergastolo in primo grado 9/5/1978 • assoluzione in via definitiva 18/3/1985 • nuove analisi Ottobre 2011 • archiviazione 27/10/2015
Segni particolari: efferatezza nello stermino dell’intera famiglia, compreso il cagnolino Dick
Il fatto
Napoli è stato teatro di uno dei più noti casi di cronaca nera italiana: il triplice delitto avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 1975 tra le undici di sera e le cinque del mattino, al quarto piano del n. 78. Delitto scoperto solo l’8 novembre, dopo ben 8 giorni. Furono uccisi, percossi alla testa con un oggetto contundente, mai identificato, e poi colpiti alla gola con un coltello da cucina, tutti gli abitanti dell’appartamento al quarto piano dell’edificio: Domenico Santangelo, 54 anni, rappresentante di vendita ed ex capitano di marina di lungo corso, la sua seconda moglie Gemma Cenname, ostetrica di 50 anni, e la figlia di lui, Angela Santangelo, di soli 19 anni. Morì anche il loro cane Yorkshire terrier, di nome Dick soffocato con una coperta. I corpi furono depositati, assieme al cagnolino Dick, nella vasca da bagno, solo Angela fu ritrovata avvolta in un lenzuolo, sul letto matrimoniale.
Le indagini
Nell’appartamento della strage, furono scoperti alcun indizi: alcune impronte digitali rilevate su due bottiglie appoggiate su un mobile dello studio di Domenico Santangelo, e varie impronte di scarpa, impresse nel sangue sui pavimenti di stanze e corridoi. Era impossibile, però, all’epoca per la polizia scientifica rilevare, ricostruire e identificare tracce biologiche lasciate dall’assassino sui reperti della scena del delitto, e le impronte di scarpa e le impronte digitali, risultarono incompatibili con quelle del principale e futuro imputato, Domenico Zarrelli.
Il processo: la condanna e l’assoluzione
Fu quindi solo sulla base delle dichiarazioni rilasciate da un testimone e di altri elementi indiziari (tra cui, una ferita sulla mano compatibile con un morso di cane), che Domenico Zarrelli (nipote di Gemma Cenname) venne arrestato e poi condannato all’ergastolo in primo grado il 9 maggio 1978, con l’accusa d’aver compiuto la strage perché in preda ad un raptus per il rifiuto di un prestito da parte di Zia Gemma.
Epilogo
Fu poi assolto con formula piena dalla Corte di Cassazione, e quindi in via definitiva il 18 marzo 1985, e nel 2006 ricevette dallo Stato come risarcimento per danni morali e materiali un milione e quattrocentomila euro.
Nell’ottobre 2011 la Procura di Napoli per dar seguito a un esposto, richiese nuove analisi scientifiche tra cui quella dell’impronta genetica e nel 2014 si diffuse la notizia secondo la quale le analisi sui reperti avrebbero individuato un profilo genetico.
Il caso si chiuse definitivamente il 27/10/2015 con il Decreto di Archiviazione del Gip del Tribunale di Napoli.