La Campania non è più il regno della pizza: la classifica in Italia
La Campania non è più il regno delle pizzerie: negli ultimi anni hanno chiuso quasi 7mila esercizi. In testa alla classifica ora c'è la Lombardia.
La Campania, e Napoli in particolare, sono conosciute a livello internazionale per essere il regno della pizza. Purtroppo, sembra che questo riconoscimento per anni rimasto indiscusso ora sia passato alla Lombardia.
La Lombardia è la nuova capitale delle pizzerie
La Campania non è più il regno delle pizzerie e la causa sembra essere dovuta alla crisi economica portata dal Covid-19. Una relazione della CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato) evidenzia come a causa della crisi all’incirca 7mila esercizi campani hanno chiuso. Anche quest’anno, infatti, a Napoli si tiene il tradizionale Pizza Village allestito presso il lungomare Caracciolo ed è proprio in questa occasione che la CNA ha presentato diversi dati riguardo la presenza di pizzerie in Italia.
Secondo quanto spiegato in questo report la Lombardia ha preso il posto della Campania piazzandosi prima tra le regioni italiane grazie alla presenza di 17.660 punti vendita. La regione del nord ha avuto un incremento del +24,6% con 3.489 nuovi esercizi. La Campania, invece, ha perso il 41.1% delle sue attività, andando così da 17.436 esercizi ai soli 10.263.
La causa di questo è da ricercarsi in diversi fattori prima di tutto le politiche adottate durante il lockdown dalle diverse amministrazioni. Nelle regioni dove si è reagito con prontezza autorizzando le consegne a domicilio come in Veneto, in Lombardia e in Emilia-Romagna si sono visti numeri più che positivi. Infatti, non solo in Lombardia è aumentato il numero delle attività legate al mondo della pizza ma anche in Emilia-Romagna (+ 1.496 attività), in Veneto (+ 1.268 attività) e in Piemonte (+ 1.148).
Al Centro-Sud, invece, il divieto delle consegne a domicilio (come è avvenuto in Campania) e un mancato sostegno alle imprese hanno causato, secondo i dati della CNA, la chiusura di molte attività. In particolare, il Lazio segna un -34,8%, l’Abruzzo un -28,4%, la Sicilia -14,8% e l’Umbria -13%. Unica regione del sud a crescere è la Basilicata con +102,6%.
La polemica sui costi
Un’altra ragione che ritroviamo sul report esposto dalla CNA riguardo la chiusura di molte attività al Sud è quello relativo alla marginalità degli esercizi. Una pizza al nord costa in media 12-15 euro, mentre al centro sud oscilla tra i 5 e i 7 euro. L’aumento delle materie prime e del costo del trasporto avrebbe così quasi azzerato la marginalità degli esercizi che vendono la pizza al sud. Al nord, invece, un maggior margine ha permesso agli imprenditori di andare avanti.
Questo discorso si inserisce all’interno di una polemica più ampia che è impazzita la scorsa settimana. In particolare, è stato l’imprenditore Fabio Briatore, proprietario della catena di locali Crazy Pizza che si trovano a Roma e Milano, a chiedersi come fanno alcuni pizzaioli a vendere una pizza a 4 o 5 euro.
L’imprenditore tramite un video Instagram ha chiarito che nelle sue pizzerie la pizza è molto leggera (senza lievito) e vengono utilizzati solo gli ingredienti di alta qualità. Per questo nei suoi locali il costo della margherita è di 15 euro. Oltre al costo delle materie prime bisogna gestire anche pagare il personale, gli affitti, gli ammortamenti, le tasse, il gas, la luce e tutto il resto.
Le parole di Briatore hanno scatenato la reazione dei pizzaioli di napoletani. Sergio Miccú, il presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, ha infatti dichiarato che una pizza margherita di buona qualità può essere venduta anche a prezzi contenuti. Gino Sorbillo e altri pizzaioli hanno dato a Briatore una risposta più pratica e si sono messi a distribuire gratis la famosa pizza “a portafoglio” a tutti i cittadini in centro a Napoli.