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Allarme tsunami in Sicilia, ma è un'esercitazione. Zone a rischio

In Sicilia è scattato l'allarme tsunami, ma si è trattato solo di un'esercitazione: ecco quali sono le aree più a rischio di maremoto in Italia

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Nella mattinata di martedì 9 marzo è scattato un “allarme tsunami” sulle coste della Sicilia. Niente panico: si è trattato solo di un’esercitazione. L’esercitazione tsunami denominata “NEAMWave21” aveva l’obiettivo di verificare il funzionamento del NEAMTWS (North-East Atlantic, Mediterranean and connected seas Tsunami Warning System), di cui fa parte il CAT (Centro Allerta Tsunami) dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).

Allarme tsunami in Sicilia: l’esercitazione

I ricercatori del CAT-INGV hanno simulato un forte terremoto nel Mar Ionio, al fine di generare un maremoto. Il CAT ha quindi inviato i messaggi di allerta al Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e ai Paesi dell’area NEAM, allo scopo di mettere alla prova i meccanismi di trasferimento dei messaggi di allerta a livello locale.

La scelta della data non è stata casuale: si è voluto infatti celebrare il decennale del terremoto di magnitudo 9 che, l’11 marzo 2011, ha colpito la regione del Tohoku e di Sendai in Giappone, causando uno tsunami che ha distrutto intere città e provocato oltre 16 mila vittime.

Proprio l’11 marzo 2021, gli esperti del CAT-INGV ripercorreranno quanto accaduto quel giorno in Giappone, offrendo inoltre uno sguardo sull’eventualità che eventi simili possano accadere nel Mar Mediterraneo.

Gli tsunami avvenuti in Italia e nel Mar Mediterraneo

Come riferito proprio dall’INGV, dal 1600 a.C. a oggi si sono verificati almeno 290 maremoti nel Mar Mediterraneo, alcuni dei quali distruttivi. Le coste dell’Italia e della Grecia sono le più esposte al fenomeno e, nel corso degli anni, hanno subito i maggiori effetti.

L’ultimo disastroso tsunami verificatosi in Italia risale a oltre un secolo fa, più precisamente al 1908, quando fu generato da un violento terremoto a Messina. Stando alle fonti bibliografiche, pochi minuti dopo la scossa, un maremoto distruttivo interessò le coste della Sicilia orientale e della Calabria.

Per quanto riguarda la costa orientale della Sicilia, lo tsunami fu particolarmente devastante tra Messina e Catania. A Sant’Alessio l’acqua raggiunse la quota di 11,90 metri sul livello del mare. Gli effetti del maremoto furono osservati anche nelle coste della Sicilia settentrionale, fino a Termini Imerese.

In Calabria, più precisamente a Pellaro, l’acqua ha raggiunto la quota di 13 metri sul livello del mare. Gli effetti furono osservati nella Calabria tirrenica fino a Porto Santa Venere. Le onde di tsunami furono registrate anche dagli strumenti collocati a Napoli e a Civitavecchia, rispettivamente a oltre 300 e 500 chilometri di distanza.

Tsunami in Italia: le aree più a rischio

Il maremoto del 1908 a Messina, stando all’INGV, è la prova che anche le coste italiane, in particolar modo quelle della Calabria e della Sicilia, sono esposte al rischio di grandi maremoti, sebbene siano più probabili eventi di minore intensità (ma ugualmente pericolosi).

Gli tsunami italiani, così come del resto quelli nel resto del mondo, sono principalmente provocati da terremoti sottomarini o con epicentro in terra molto vicino alla costa. Tuttavia, è possibile che simili fenomeni siano causati anche da eruzioni vulcaniche e frane, talvolta innescate proprio da scosse di terremoto.

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