Terremoti, scoperte faglie attive al largo del Salento
Terremoti: uno studio dell'Ingv, pubblicato sulla rivista specializzata "Tectonics", ha individuato faglie attive al largo della costa del Salento
I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia hanno individuato faglie attive al largo del Salento che si estendono per un centinaio di chilometri e potrebbero aver causato il sisma del 1743.
Lo studio, pubblicato sulla rivista specializzata “Tectonis“, rivela che nella zona del basso Salento a Santa Maria di Leuca, al largo del mare cristallino della Puglia, regione che vanta le migliori acque di balneazione in Italia, è stata registrata un’attività tettonica iniziata tra 1,3 e 1,8 milioni di anni fa, durante il Pleistocene inferiore e che al giorno d’oggi risulta ancora attiva.
A firmare lo studio chiamato “Active extension in a foreland trapped between two contractional chains: The South Apulia Fault System (SAFS)” è stato il ricercatore dell’Ingv Francesco Emanuele Maesano. Insieme al team che ha condotto l’analisi lungo le faglie salentine, è stata accertata la presenza di due ampi bacini sedimentari, identificati a sud-est di Santa Maria di Leuca.
Il sistema, chiamato SAFS, acronimo di South Apulia Fault System, è stato rilevato nell’ambito del progetto FASTMIT, coordinato e supportato dal dal fondo premiale 2014 del Ministero dell’Università e della Ricerca, attraverso una serie di campagne effettuate grazie alla imbarcazione OGS Explora.
La collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, ha portato alla raccolta di dati batimetrici ad alta risoluzione, profili e linee sismiche che hanno permesso di illuminare le strutture crostali in profondità e i sedimenti quaternari che costituiscono il fondale marino.
Stando ai ricercatori, l’attività tettonica di una delle mete preferite dagli italiani per le vacanze, iniziata da quasi due milioni di anni, fa registrare tassi di movimento tra 0.2 e 0.4 millimetri all’anno per la sua componente estensionale.
Il team di scienziati che hanno lavorato allo studio, sostengono che ancora oggi si registrino dei movimenti legati al terremoto del 20 febbraio 1743. Si trattò di un evento di magnitudo 6.7 che portò a quasi duecento morti e distrusse tante abitazioni.
Per capire l’importanza delle faglie scoperte e l’ipotetico impatto futuro in Puglia, dove è in corso una vera e propria invasione di coccinelle, serviranno ulteriori studi multidisciplinari che permettano di acquisire nuovi dati ad alta risoluzione, così da comprendere i tassi di attività, le implicazioni geodinamiche e gli effetti di scuotimento del sisma e dello tsunami del 1743.