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Spiagge della Puglia invase dai dischetti neri, da dove arrivano

Alcune spiagge della Puglia sono state "invase" da dischetti neri a forma di patatine: ecco cosa sono questi oggetti di plastica e da dove arrivano

Pubblicato:

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Durante il mese di giugno del 2025 diverse spiagge della Puglia, soprattutto in Salento, sono state quasi “invase” dalla presenza di strani dischetti neri in plastica, con la forma simile a quella delle patatine.

Questi dischetti, già a inizio anno, erano comparsi sulle spiagge di Rosolina Mare, in Veneto. Trascinati dalle correnti, gli oggetti sono arrivati fino in Puglia, segno di come stiano attraversando il litorale adriatico. La presenza dei dischetti neri sulle spiagge pugliesi si inserisce nell’annosa questione legata alla plastica che inquina i mari e le coste di tutto il mondo, Italia compresa.

Da dove arrivano i dischi neri trovati sulle spiagge della Puglia

Del fenomeno ha parlato al ‘Corriere della Sera’ Enzo Suma, ideatore del progetto Archeoplastica che da diversi anni documenta l’impatto della plastica spiaggiata attraverso gli oggetti raccolti lungo le coste di tutta l’Italia:

“Tutto sembra partire da Rosolina Mare, la prima spiaggia a sud della foce dell’Adige – ha spiegato Suma – da gennaio riceviamo segnalazioni quotidiane di dischetti plastici sulle rive e questo fa pensare a una perdita continua. I venti e le correnti ne hanno trasportato alcuni fino in Puglia e addirittura oltre Santa Maria di Leuca, lungo il versante ionico”.

E ancora: “Parliamo di plastica che, una volta dispersa, impiega decenni per degradarsi e si frammenta in microplastiche, entrando nella catena alimentare. Questi dischetti galleggiano e viaggiano facilmente, influenzati dai venti. È un esempio perfetto di come i nostri rifiuti possano viaggiare per centinaia di chilometri”.

Suma ha spiegato che dopo aver effettuato delle analisi sui dischetti, è stata individuata l’azienda produttrice che si è rivelata molto collaborativa: “Dopo le prime analisi, abbiamo contattato il produttore dei dischetti, una società svedese controllata. Sono stati molto collaborativi, hanno già preparato tutta la documentazione e sono disponibili a fornire i dati sui clienti che utilizzano quel tipo di supporti. Per motivi di privacy non possono comunicarli direttamente a noi, ma sono pronti a collaborare con ARPA Veneto o con le autorità che eventualmente si occuperanno della questione”.

A chi pensa che quello dei dischetti neri possa essere uno sversamento volontario, l’ideatore del progetto Archeoplastica ha risposto: “Non credo, i dischetti sono tutti integri e quindi perfettamente funzionanti. Parliamo di materiale acquistato e utilizzato in impianti di depurazione. Per l’azienda sarebbe una perdita economica. È più verosimile che non si siano accorti del danno. Servirà però un’indagine per individuare l’impianto responsabile”.

Il problema della plastica in mare

Quello della plastica in mare è un problema che negli ultimi anni è stato affrontato con decisione da tante associazioni. Il progetto Archeoplastica, come spiegato dal suo ideatore Suma, da anni si prodiga nel raccogliere reperti spiaggiati, catalogandoli e raccontando il tutto sia sui social che attraverso mostre itineranti.

Suma, al ‘CorSera’, ha spiegato che il problema che il progetto “nasce per raccontare che la plastica non scompare, ma resta. Abbiamo raccolto oggetti databili agli anni Sessanta e Settanta ancora leggibili, con prezzi in lire. La plastica monouso è il vero problema, materiali fatti per durare secoli usati per pochi minuti. La situazione lungo l’Adriatico, soprattutto in inverno, è preoccupante, i fiumi portano in mare enormi quantità di plastica e l’Adriatico, essendo piccolo, accumula rifiuti anche da altri Paesi”.

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