Orti urbani: le città italiane si attrezzano
Il fascino degli orti urbani e la riscoperta del pollice verde rappresentano un vero e proprio farmaco allo smog e allo stress cittadino
Gli orti urbani si sono ritagliati la loro meritata fetta di popolarità. Partiti come semplice moda più per emulare i cugini d’Oltralpe o il fascino Oltre Manica, hanno letteralmente invaso il cuore pulsante di smog delle città italiane e soprattutto delle metropoli più grandi.
Immaginarsi di vedere anche solo da lontano un fazzoletto di terra coltivato nel traffico di Milano o fra le mura scrostate dal tempo del Colosseo pareva un vero e proprio miraggio, eppure le cose si sono evolute drasticamente nel senso opposto. In pochissimi anni, il fenomeno degli orti urbani si è talmente radicato nel tessuto sociale delle città da divenirne quasi un tratto distintivo e peculiare: basti pensare alla caotica Milano, ove il fenomeno ha preso la piega di un’incredibile occasione a vantaggio sia di private associazioni che direttamente dal Comune.
Gli Orti Urbani sono inoltre diventati un progetto nazionale di Italia Nostra, che si rivolge a privati o enti pubblici che vogliano destinare le proprie aree verdi all’arte del coltivare nel rispetto della memoria storica dei luoghi e delle regole etiche stabilite da Italia Nostra in accordo con l’Associazione dei comuni d’Italia (ANCI). Insomma, non solo un semplice orto dove coltivare qualche verdura, ma davvero molto di più.
Così a Milano si coltiva in pratica un po’ dappertutto: dalla stazione di Lambrate, alla parte più a nord, Assago, Corsico, Cinisello Balsamo e anche le aree a ovest e a est della metropoli lombarda rappresentano un palcoscenico di questo grande teatro da vivere in simbiosi con l’ambiente che ci circonda.
Tra le città che hanno aderito a questo progetto ci sono anche Torino, Firenze, Genova, Savona e Roma per citare quelle più grandi; ma anche cittadine più piccole hanno aderito: Favara (AG), Foligno (PG), Lugnano in Teverina (TR) e Ostuni (BR).
La mancanza sempre più preoccupante di spazi verdi, oasi e ristoro per la mente dell’uomo moderno, ha suscitato una voglia di primavera nell’animo del cittadino medio. Il bisogno insopprimibile di toccare con mano qualcosa che è stata prodotta dalle proprie mani, con i propri sforzi, nonché l’idea suggestiva di imbarcarsi in un percorso nuovo fatto di gioie e sorprese inaspettate ha fatto da substrato ideale per lo sviluppo quasi esponenziale degli orti urbani.
Le città si sono decise nel mettere nella più totale disposizione, a una cifra pressoché irrisoria, lotti di terreno incolto e nella maggioranza dei casi all’interno dello stesso agglomerato urbano. Molti bambini non sono stati mai abituati a vedere il processo biologico da cui scaturisce il prodotto che con noncuranza si apprestano a ingurgitare sulla tavola. Nessuno quasi si ricorda più da dove provengono le sementi di pomodoro, come si pianta un tubero, che foglie abbiano le melanzane. Inculcare nelle menti verdi dei bambini e in quelle più legnose degli adulti un movimento di pensiero green, all’insegna dell’ambiente e del ritorno allo stile di vita naturale è diventato e rappresenta un obbiettivo che moltissime città italiane, da nord a sud, hanno preso a cuore.
Addirittura nelle campagne elettorali si punta sulla realizzazione di una fitta rete di orti urbani. Con una cifra irrisoria si affitta un fazzoletto di terra che lo si può gestire da soli o in compagnia. Se si è fortunati, anche un capanno di legno dove porgere i propri strumenti da lavoro (zappa, rastrello, innaffiatoio e vanga) non sarà negato. La solidarietà è alla base dell’idea dell’orto urbano. Una solidarietà fatta di piccoli gesti e di comunanza di ideali oltre che dell’acqua o del letame per concimare o delle piantine acquistate dal vivaio vicino. Veder crescere un ortaggio e seguirlo all’interno di tutto il suo ciclo vitale rappresenta un’esperienza unica e incomparabile.
A livello emotivo costituisce una via di soluzione allo stress che si accumula in modo inevitabile ogni giorno nel vivere la quotidianità della città: traffico, polveri sottili e smog, uno stile di vita caotico e frettoloso. Tutto questo ha allontanato in modo innaturale tutto ciò che invece c’è di più naturale possibile: la terra e i suoi frutti. L’uomo è andato via via dimenticandosi della gioia di coltivare, di veder crescere una pianta e finalmente di portarlo sulla tavola per poi cibarsene.
Non solo un risparmio economico dato i costanti e frequenti rincari di tutti i giorni al fruttivendolo, ma anche e soprattutto una scelta salutare e benefica al proprio organismo. Risparmiarsi di mangiare un prodotto pieno zeppo di pesticidi, di elementi chimici e di ammendanti studiati in laboratorio per garantirsi una produttività elevata e in pochissimo lasso di tempo, rappresenta una via incredibilmente sicura per star bene.
Il benessere fisico e mentale sta alla base del fenomeno degli orti urbani, piccole oasi nel cuore grigio e caotico delle città italiane. Una novità che sa di originalità. Prendere la metro per poi imbracciare una zappa o un forcone non è fantascienza, né l’idea di un pazzo esagitato: rappresenta la quotidianità di una sempre più crescente e in aumento fetta di italiani.
L’orto urbano va distinguendosi anche come stile di vita e movimento di pensiero. L’idea del chilometro zero si fa largo all’interno delle nuove generazioni, le più innovatrici e volenterose in materia. Incredibilmente attive anche le associazioni che stanno importando il vivere a contatto con la natura fra tutti gli strati della popolazione. Passare accanto al Duomo di Milano o alla Mole Antonelliana di Torino e respirare nell’aria la fragranza della menta o il profumo tipico del basilico non è più un’utopia, bensì una solida e crescente realtà in via d’espansione.