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Perché gli spaghetti al pomodoro sono il simbolo d'Italia

Gli spaghetti al pomodoro si sono riconfermati simbolo d'Italia ma sono diventati anche testimonianza dell'accoglienza del popolo italiano

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Gli spaghetti sono da sempre uno dei simboli non solo della nostra cucina ma per estensione anche proprio dell’italianità nel mondo. In particolare, quelli preparati con pomodoro e basilico ricordano non solo i colori della bandiera italiana ma anche il fatto che si può cucinare un ottimo piatto con pochi ingredienti genuini e freschi. In questi giorni, grazie alla generosità di alcune persone, gli spaghetti al pomodoro sono diventati simbolo anche di accoglienza nel nostro paese. Un piatto semplice e allo stesso tempo gustoso che ha però assunto anche il sapore di sostegno e solidarietà.

Gli spaghetti al pomodoro sono il simbolo d’Italia

Risiede ormai nell’immaginario collettivo di molti l’immagine tratta dal film “Miseria e nobiltà” di Mario Mattoli con protagonista Totò che mangia gli spaghetti al pomodoro con le mani. Questa è poi diventata per molti una rappresentazione del nostro paese nel mondo. A testimonianza di questo c’è anche la giornata nota come Spaghetti Day che è nata come ricorrenza negli Stati Uniti ma poi è stata esportata anche in altri paesi ed è una giornata interamente dedicata a questo piatto. La cosa con il tempo non sembra per nulla cambiare, anzi gli spaghetti al pomodoro sono diventati simbolo non solo d’Italia ma anche di accoglienza e gentilezza.

In particolare, l’isola di Lampedusa è conosciuta come territorio accogliente e ospitale da secoli ed è qui che arrivano stremanti molti migranti in fuga dall’Africa e non solo. L’hot-spot lampedusano è purtroppo ormai famoso a livello internazionale perché è il primo approdo per molti che viaggiano per giorni, o addirittura settimane, in condizioni spesso disumane. Questo centro di accoglienza si trova a volte ad ospitare molte più persone di quelle consentite, soprattutto quando gli sbarchi aumentano in seguito alle calme condizioni del mare. Il sovraffollamento porta qualche volta a momenti di tensione e alcuni migranti ne approfittano per lasciare temporaneamente il centro e riversarsi nelle strade alla ricerca di cibo e ospitalità. Ed è proprio in casi come questi che la popolazione locale risponde con la generosità che da sempre la contraddistingue preparando da mangiare per chi è affamato. È così che molti ristoratori lampedusani o semplici cittadini si sono trovati a preparare il piatto più semplice e gustoso, gli spaghetti al pomodoro, e a condividere il pranzo o la cena con persone provenienti da paesi lontani che mostravano di avere in quel momento bisogno. Per molti di loro questo è il primo pasto serio dopo giornate davvero difficili.

Spaghetti simbolo non solo d’Italia ma anche di accoglienza

Antonio Di Malta abita vicino al centro di accoglienza migranti a Lampedusa e lavora come Vigile del Fuoco. Una volta si è trovato fuori casa un migrante che in ginocchio chiedeva del cibo perché affamato. È da lì che con la madre Teresa di 84 anni ha deciso di preparare degli ottimi spaghetti al pomodoro da mangiare insieme ad un gruppo di ragazzi provenienti dal Burkina Faso. Partiti da Sfax, in Tunisia, hanno poi affrontato un viaggio in mare di quattro giorni. Il signor Antonio e la madre hanno così condiviso con loro la cena accogliendoli in veranda per un piatto di pasta. L’uomo ha raccontato all’Ansa: “Erano stremati, ma soprattutto affamati uno di loro si è messo in ginocchio chiedendo da mangiare. Li ho fatti accomodare nella veranda di casa mia e abbiamo cenato con loro. Avevano una fame pazzesca. Ma questa cosa la stanno facendo tutti, o quasi, i lampedusani. Perché tutti diamo una mano”. Anche la signora Santina Pignatelli che gestisce il ristorante “Gallo D’oro” ha fatto preparare per chi aveva bisogno non solo la pasta al pomodoro ma anche il pane tipico locale. La sua storia è stata riportata da La Repubblica: “La pasta al pomodoro è il piatto simbolo della cucina italiana, ed è stata la cosa più semplice e immediata che abbiamo voluto offrire a chi ne aveva bisogno, insieme al nostro ‘pane cunzatu’ olio, sale e pepe”.