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Roveja, un legume italiano che merita d'essere riscoperto

Presidio Slow Food dal 2006, la roveja di Civita di Cascia è nata un po’ per caso. E, oggi, è un legume che merita d’essere (ri)scoperto.

Roveja, roveggia, pisello dei campi, robiglio: qualsiasi nome si utilizzi, si parla di un legume – una varietà di pisello, per l’appunto – dall’origine antichissima, importato in Europa dal Medio Oriente e oggi coltivato da una manciata d’agricoltori tra l’Umbria e le Marche. Un tempo, per i pastori e per i contadini, la roveja era un alimento di fondamentale importanza; veniva coltivato sugli Appennini umbro-marchigiani, in particolare sui Monti Sibillini. Poi, piano piano, lo si abbandonò. La sua coltivazione era difficile, poco remunerativa, e le zone montane andavano spopolandosi. Ma, nel 1979, tutto cambiò. In provincia di Perugia, a Civita di Cascia (poche decine d’abitanti a 1300 metri d’altezza), due amiche – Silvana Crespi De Carolis e Geltrude Moretti – riordinando una cantina trovarono un vecchio barattolo pieno di semi. “Roveggia”, recitava un bigliettino di carta appiccato sopra. Così, dopo aver chiesto delucidazioni agli anziani del paese, le due deciso di buttarsi in quella che era – a tutti gli effetti – una scommessa: riportare in vita la coltivazione della roveja. Oggi, quattro produttori di Civita di Cascia coltivano un legume che è presidio Slow Food; un legume il cui seme vira dal verde scuro fino al marrone e al grigio e che – alla base dell’alimentazione umana nel Neolitico (insieme a orzo, farro e lenticchie) e legume prelibato per i Greci e per i Romani – ancora oggi richiede, per essere raccolto, un bel po’ di fatica.

Seminata a marzo tra i 600 e i 1200 metri d’altitudine, la roveja viene raccolta tra la fine di luglio e l’inizio di agosto rigorosamente a mano. Il processo di battitura è simile a quello utilizzato per le lenticchie: quando le foglie sono per metà ingiallite e i semi si fanno cerosi, i teli vengono sfalciati e posti sul prato ad essiccare, dopodiché vengono trebbiati e le impurità vengono eliminate tramite una ventilazione coi setacci. Commestibile sia fresca che essiccata, la roveja è ricca di proteine: 7% nella versione fresca (a fronte di 75 Kcal/100 grammi), 21% se essiccata (400 kcal/100 grammi). Ed è l’ingrediente perfetto per gustosissime zuppe. Spesso abbinata a fave e cicerchie, può essere accostata anche a patate, carote e sedano, ma persino a guanciale e salsiccia. Se macinata, dà vita ad una farina dal gusto un po’ amaro utilizzata per preparare la “farrecchiata”, una polenta poi condita con un battuto d’olio, aglio e acciughe.