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I macabri misteri del Castello di Fumone tra gli uliveti della Ciociaria

A Frosinone c'è un castello fatato e maledetto, teatro di vicende struggenti e misteriose

I macabri misteri del Castello di Fumone tra gli uliveti della Ciociaria

In provincia di Frosinone c’è un maniero pieno di fascino e mistero. Inquietanti storie si raccontano riguardo al castello di Fumone che pare sia stato teatro di vicende macabre e maledette e dove i fantasmi del passato continuano ad aleggiare nella zona, in cerca di pace. La maggior parte delle vicende degna di un libro di misteri è avvenuta tra il IX e il X secolo.

In un primo tempo il castello veniva utilizzato come prigione dallo Stato della Chiesa. Le condizioni non erano delle migliori. I carcerati dovevano subire strazianti situazioni, i lamenti erano colonna sonora portante di questa altura e ancora oggi, gli abitanti della zona sono convinti di sentire echeggiare quelle terribili grida di dolore e disperazione.

In questo luogo, nel XII secolo, morirono l’antipapa Gregorio VIII, le cui spoglie non vennero mai ritrovate. Anche il famoso Celestino V, colui che fece per viltade il gran rifiuto come racconta Dante nella sua Commedia, trovò la morte in questo luogo, forse assassinato.

Ma le storie sinistre non terminano qui. Particolarmente crudele è la vicenda del “marchesino” Francesco Longhi, unico maschio tra sette sorelle. Per non perdere il patrimonio le parenti del piccolo erede iniziarono ad avvelenarlo, ponendo all’interno del cibo dei pezzettini di vetro che ne causarono la prematura morte. Le spoglie della vittima vennero imbalsamate con la cera per volere della madre e ancora oggi è possibile guardarle. Dal castello, per volontà dell’inconsolabile madre, vennero cancellati tutti i ritratti che avessero espressioni felici, il castello intero doveva rimanere in lutto per la dipartita del piccolo erede.

Oggi c’è chi giura che il castello sia infestato dai fantasmi e nello specifico da quello di Emilia Caetani Longhi, la madre del piccolo marchese che ogni notte effettuerebbe il percorso che la separa la sua stanza dalla teca del figlio per cullarlo e consolarlo.