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Savoia, eredi vogliono la restituzione del tesoro della Corona

Savoia, gli eredi vogliono la restituzione del tesoro della Corona dopo la sentenza del Tribunale che lo aveva dichiarato di proprietà dello Stato

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Silvio Frantellizzi

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Gli eredi dei Savoia chiedono la restituzione del tesoro della Corona: come riportato dal ‘Corriere della sera’, Emanuele Filiberto, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice hanno impugnato la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva stabilito che il tesoro appartiene allo Stato.

Gli eredi dei Savoia vogliono la restituzione del tesoro della Corona

Le figlie e il nipote dell’ultimo Re d’Italia Umberto II di Savoia, salito al trono nel maggio 1946 dopo l’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, chiedono la restituzione dei gioielli del tesoro della Corona alla Banca d’Italia, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Nel maggio del 2025 il Tribunale di Roma aveva stabilito che quei preziosi sono di proprietà dello Stato, ma gli eredi di Casa Savoia hanno deciso di impugnare la sentenza e far valere le proprie ragioni.

Il valore stimato del tesoro sarebbe di circa 300 milioni di euro tra brillanti, perle, diademi, spille, collier e un raro diamante rosa montato su una spilla. Tutti i preziosi erano stati custoditi all’interno di un cofanetto dal 1946, esattamente dal 5 giugno, il giorno in cui fu ormai chiaro l’esito del referendum che mise fine alla monarchia, dando inizio alla Repubblica.

Proprio nella mattinata del 5 giugno, l’avvocato Falcone Lucifero, reggente il Ministero della Real Casa, bussò alla porta di Palazzo Koch per depositare le gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia, affinché fossero tenute a disposizione di chi ne aveva diritto.

Il Giudice Mario Tanferma, motivando la sentenza del Tribunale di Roma, aveva spiegato: “I gioielli non sono mai appartenuti a Re Umberto II, sono dello Stato fin dal tempo dello Statuto Albertino e tali sono rimasti nel passaggio alla Costituzione Repubblicana, Ad abundantiam per la Costituzione i beni degli ex Re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocato dallo Stato”.

La replica dei Savoia è arrivata attraverso l’avvocato Sergio Orlandi: “Per ‘gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia’ si intendeva che erano stati acquisiti dai membri di casa Savoia. Non sono mai stati confiscati, semplicemente depositati. Beni personali per cui una volta cessata l’esistenza della Corona del Regno dovevano tornare agli eredi del Re“.

La questione dei diari di Luigi Einaudi

A sostegno degli eredi dei Savoia c’è un nome di peso, quello di Luigi Einaudi. L’allora Governatore della Banca d’Italia, che in seguito divenne Presidente della Repubblica, aveva affrontato la questione del tesoro della Corona nei suoi diari, scrivendo: “Potrebbe ritenersi che le gioie spettino non al demanio dello Stato, ma alla famiglia Reale”.

Per il giudice Tanferna, tuttavia, il prestigio di Luigi Einaudi da solo non rappresenta una garanzia di verità: “Non può essere attribuito un valore decisivo ai diari”. Secondo i Savoia, però, Einaudi testimonia che la formula “a chi di diritto” salva le eventuali ragioni del Re.

Già prima della sentenza del Tribunale di Roma, quella del maggio del 2025, l’erede della famiglia Savoia Emanuele Filiberto, aveva annunciato la sua ferma volontà di rivolgersi alla Corte Europea per far valere tutte le ragioni della famiglia Reale in merito alla legittima proprietà dei gioielli del tesoro della Corona.