A Roma vivevano gli elefanti: scoperta dell'università Sapienza
A Roma, a Casal Lumbroso, gli archeologi della Sapienza hanno scoperto resti di elefanti preistorici che rivelano un antico legame tra uomo e natura

Nessuno avrebbe immaginato che, sotto il terreno della Capitale, si nascondesse una delle testimonianze più antiche dell’incontro tra uomo ed elefante, eppure, a pochi chilometri dal centro di Roma, la terra ha restituito un racconto che riscrive la storia del Pleistocene e del nostro passato più remoto.
Come è avvenuta la scoperta degli elefanti preistorici a Roma
C’è stato un tempo in cui, sulle sponde del Tevere, la vita scorreva tra branchi di grandi mammiferi e piccoli gruppi di cacciatori, ed è proprio a Casal Lumbroso, nella periferia ovest di Roma, che una squadra di archeologi e paleontologi dell’Università La Sapienza, del Museo delle Civiltà, del Cnr e della Soprintendenza speciale di Roma ha portato alla luce i resti di un elefante antico.
Il ritrovamento è avvenuto nell’ambito di scavi iniziati nel 2017 e successivamente ripresi nel 2023, dopo un’interruzione dovuta alla pandemia. Nel sito è emersa una carcassa incompleta, circondata da centinaia di frammenti ossei e utensili in pietra.
Come riportato su ‘La Repubblica’, spiegano dall’ateneo che questa sarebbe “associata a industrie litiche e strumenti ossei ricavati dallo stesso elefante. L’analisi tafonomica ha evidenziato come l’animale non fosse stato soltanto fonte di cibo, ma anche di materia prima per la produzione di strumenti in osso”.
Un’evidenza che racconta un’antica forma di cooperazione e ingegno: i nostri antenati si nutrivano dell’animale e seppero sfruttarlo integralmente, trasformandone le ossa in utensili funzionali alla sopravvivenza.
Gli studiosi hanno inoltre potuto determinare le condizioni climatiche di quel lontano passato, grazie ad “analisi geochimiche sui sedimenti vulcanici hanno permesso di attribuire il sito a circa 400mila anni fa, mentre quelle isotopiche, condotte su un dente del mammifero, hanno indicato un ambiente forestato e con clima caldo-umido”.
Un paesaggio rigoglioso, dunque, molto diverso da quello odierno, popolato da rinoceronti, cervi, bisonti e lupi: un ecosistema che oggi sopravvive solo nei fossili. Nel corso degli scavi, sono stati identificati oltre 300 resti ossei e circa 500 utensili in pietra, molti dei quali di piccole dimensioni, segno dell’ingegno adattivo degli ominidi che operavano in un contesto povero di risorse litiche di grandi dimensioni.
Qual è il vero significato della scoperta di Casal Lumbroso
Oltre al valore scientifico del ritrovamento, la scoperta di Casal Lumbroso “rappresenta un tassello fondamentale per la comprensione delle interazione tra ominini arcaici e grandi mammiferi nel contesto europeo”. Gli strumenti rinvenuti e le tracce di lavorazione delle ossa suggeriscono una società capace di pianificare, di condividere conoscenze e di adattarsi a un ambiente complesso.
“Questa ricerca contribuisce a ricostruire eventi accaduti in un mondo profondamente diverso, ma geograficamente vicino: in un paesaggio antico, lungo il corso di un piccolo fiume, un gruppo di cacciatori-raccoglitori ha macellato un elefante e ne ha utilizzato le ossa come strumenti”.
Gli studiosi ipotizzano che i protagonisti di questa scena preistorica appartenessero alla specie Homo heidelbergensis, un antenato comune dei neandertaliani e dell’uomo moderno. In un mondo in cui la sopravvivenza dipendeva dall’osservazione e dall’ingegno, ogni carcassa diventava una risorsa a 360 gradi.
I risultati completi dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica internazionale ‘PLOS One’, confermano il ruolo di Roma come uno dei siti più ricchi d’Europa per lo studio dell’evoluzione umana e delle sue interazioni con la megafauna del Pleistocene.
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